Riccardo Humbert

 

ANGELI SU TORINO

 

Dal mare d’Irlanda alla Torino magica

dal liberty subalpino al forte di Exilles

 

 

(pp. 288, 13,00 euro, ISBN 88-89621-02-8)

 

Un'icona liberty lega l'Irlanda con Torino e la fortezza di Exilles in Val di Susa

in un viaggio nel mistero sapientemente preparato nella contea di Sligo…

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Torino, corso Francia 23: un mitologico altorilievo incastonato nel portone di una vecchia casa liberty fa da perno a una vicenda che nasce, in maniera apparentemente casuale, nella contea di Sligo, Irlanda, mentre un dipinto che cela un'iscrizione gaelica riconduce all'antica fortezza di Exilles, Valle di Susa.

 

La storia segue un duplice percorso narrativo: quello più misterioso ed esoterico costruito intorno all'enigma in gaelico tra i magici meandri della Torino liberty, e quello più pittoresco e colorito dei personaggi del paesino ai piedi della fortezza piemontese. Sullo sfondo della vicenda si muove il mondo di cartone della "soap-opera" all'italiana, mondo i cui i protagonisti lavorano...

 

 

«Un'icona liberty lega l'Irlanda con Torino e la fortezza di Exilles in un viaggio nel mistero sapientemente preparato nella contea di Sligo.

Un viaggio nell'irrealtà che attraverso lo scritto in gaelico ripercorre gli oscuri riti della tradizione druidica per mano di un grande poeta della letteratura d'Irlanda del secolo scorso.»

 

 

 

 

DUE POSTILLE DELL’AUTORE

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TORINO, CORSO FRANCIA 23, DIECI ANNI FA…

 

In un giorno di primavera del 1994, parlando con un mio collega, vengo a sapere che abita nel Palazzo della Vittoria, in corso Francia 23 a Torino. Per chi non ha familiarità con la città o per quella maggioranza di italiani che, considerata la sua connotazione geografica periferica, ne ha una nozione da sussidiario delle elementari, quell'inidirizzo non riveste alcuna importanza. Chi, invece, avesse una conoscenza meno superficiale della metropoli potrebbe ravvisare in quel palazzo un mirabile esempio di "stile liberty", del quale, insieme a moltissime altre cose, Torino è stata culla.

            Quel palazzo è comunemente conosciuto come il palazzo "dei draghi". Non che quelle due figure abbarbicate a lato di un ampio portone siano esattamente tali - io preferisco chiamarli "basilischi", in un'accezione che più si addice alla descrizione mitologica -, però l'immaginario collettivo ama chiamarli "draghi", e l'immaginario collettivo va sempre assecondato.  Il mio collega mi porta a visitare l'androne del palazzo, frutto della più visionaria e contorta fantasia del suo immaginifico ideatore. Orripilanti creature di pietra fungono da capitello a una manciata di colonne che sorreggono un soffitto di mattoni a volta. Sembra l'ingresso di una cattedrale gotica.

            Ecco, il mio libro comincia così. E' il collega a chiedermi di scrivere una storia ambientata in quel granserraglio di animali inesistenti. Ci ho messo dieci anni, ma l'ho fatto. Da quel portone sono scaturite altre location e la trama si è infittita al punto da coinvolgere antichi miti nordici. Sono andato in Irlanda, nella contea di Sligo, a conoscere le atmosfere di William Butler Yeats, mi sono confrontato con la letteratura gaelica, ho provato sulla mia pelle il vento del Ben Bulben. Un libro è sempre un parto sofferto ma soprattutto non è mai definitivo alla prima stesura, è terribile la violenza che un autore deve fare su se stesso per recidere ogni pleonasmo, ogni retorica biografica. In questo è sempre bene rivolgersi a severi censori, e poichè le tentazioni all'ampollosità sono infinite è sempre meglio avere un editor da detestare che cento lettori che mollano il libro alle prime pagine. Dal 1994 ad oggi ho cambiato sviluppi e finale, ho modificato atmosfere, eliminato inutili digressioni e limato orpelli, anche se il dubbio di non averli limati tutti è sempre vivo. Ora che il libro è stampato lo soppeso, lo guardo, lo rigiro tra le mani e sento che è una creatura mia, viva, e mi immergo in quella sottile follia che è il gusto di scrivere.

 

 

A PROPOSITO DEL TITOLO…

           

 Di norma il nome di Torino viene associato a presenze diaboliche, a quella magia di stampo gotico che vede oscurità e tenebra, sangue e sacrifici rituali. Troppo facile. Ecco perchè, in spregio ai luoghi comuni, ho scelto un titolo che riporta a due figure angeliche. La prima è un angelo vero e proprio, la seconda è stata per decenni chiamata "l'angelo della Mole" anche se in realtà era semplicemente un "genio alato" armato di giavellotto, arma che apre il cuore e la mente. Ora è conservato all'interno del Museo Nazionale del Cinema di Torino dove fa sfoggio di sè dopo essere caduto dalla Mole durante una tempesta. In cima all'orrendo monumento dedicato ai caduti del traforo del Frejus, in piazza Statuto, campeggia invece un angelo verace che sovrasta sofferenti figure di minatori e guarda in direzione di Piazza Castello, centro della magia bianca di Torino.

È da lì che si dipana un percorso virtuale nella Torino magica e alchemica, nella città che ha polarizzato l'attenzione di Nostradamus, di Cagliostro, del Conte di Saint Germain, ha visto evaporare il cervello di Nietzsche e ha ospitato misteri viventi come Gustavo Rol, punto di riferimento per decine di uomini che hanno segnato il cammino della  storia e dell'arte, da Federico Fellini a Mussolini.

In «Angeli su Torino» non c'è nulla di tutto ciò, anche se la percezione di quell'atmosfera rarefatta tra il bene e il male rimane molto forte. Artefice di tutto è invece la mente visionaria di un grande letterato irlandese che proprio a Torino - e sicuramente non è un caso - trova i suoi commentatori più illustri. E questo è un buon auspicio.

 

Riccardo Humbert

 

 

 

 

Riccardo Humbert affonda le sue radici in quella macroregione alpina che, prima di essere divisa da confini virtuali, aveva un solo nome: Delfinato.

I gigli di Francia e gli scudi Savoia hanno alternativamente marchiato le montagne che costituiscono lo scenario delle sue favole, ma anch’esse attingono alle saghe celtiche e alle molteplici anime della natura e del rispetto che le è dovuto.

Humbert è regista televisivo e giornalista e da qui si origina la sola grande fobìa della sua vita: il terrore di vedere i suoi nipoti mentre cercano di spegnere il tramonto con un tasto.

Per Ellin Selae ha pubblicato anche I CAVALIERI DEL BINARIO MORTO oltre a numerosi racconti sulla rivista.

Per l’editore Sonda ha pubblicato “Torinesi” (nella collana “Le guide xenofobe”) e “Registi” (nella collana “Lavori socialmente inutili”); suoi scritti e racconti vengono regolarmente pubblicati sulle pagine del bimestrale di letteratura “Ellin Selae” e altri periodici.

 

 

 

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