Dal numero 73 di Ellin Selae riportiamo la testimonianza di un nostro lettore, Marco Balotta, che racconta come ci ha incontrato, l’effetto che gli abbiamo fatto e gli effetti che lui, dopo aver cominciato a leggerci, ha fatto agli altri…

 

Ci piacerebbe ascoltare altre storie simili legate alla lettura (non necessariamente di Ellin Selae), pertanto, se ne avete, inviatecele qui.

 

 

 

 

 

Come sono diventato un lettore di Ellin Selae

di Marco Balotta     

 

 

Le vetrine delle librerie sono proprio tutte uguali: sempre gli stessi titoli, sempre gli stessi autori, sempre le stesse case editrici. E gli interni non è che siano diversi: per trovare libri diversi dai soliti, e non pubblicati dalle case che vanno per la maggiore, devo aprire scaffali, rovistare nei bassifondi di queste librerie, mettere ovunque un po' di disordine - immagino per la disperazione dei librai o dei commessi - e molte volte non trovo comunque quello che cerco. Però, prima di entrare in una libreria, mi appunto sempre qualche titolo di libri pubblicati da qualche piccola casa editrice e re­censiti sulle riviste, e dopo le mie quasi sempre vane ricerche, chiedo al libraio. Il libraio che fre­quento io di solito, devo dire, è sempre molto gentile e disponibile, e, pur storcendo un po' il naso per via delle mie richieste, ordina i libri che chiedo e li fa arrivare nel giro di qualche giorno. Ri­cordo che una volta, dopo aver ordinato ed acquistato un libro pubblicato da una piccola casa edi­trice, mi recai alla cassa per pagarlo. La cassiera, tutte le volte che mi vede arrivare, sorride in modo quasi ironico. Quella volta aggiunse anche: "Certi libri li compri solo tu". Ed io: "E me ne vanto!". Il libraio stesso, tutte le volte che mi vede avvicinarsi a lui, ho l'impressione che pensi: "Ecco quello delle richieste strane", e quando digita sul pc il titolo del libro che gli ho chiesto, la risposta è sem­pre quella: "Non ce l'abbiamo, anche perché è pubblicato da questa casa semi-sconosciuta". Poi però, quando io gli chiedo se è possibile ordinarlo, la sua risposta è sempre affermativa.

L'alternativa a questo modo un po' insolito di acquistare libri è quella di ordinarli direttamente alle case editrici "semi-sconosciute", ma - mi chiedo - perché devo preoccuparmi io di fare una telefo­nata, pagando anche le spese telefoniche e quelle di spedizione, quando il mio libraio lo può fare per me a costo zero?

Un'altra alternativa è quella di andare alle fiere, dove si possono visitare in tutta tranquillità nume­rosi stand di moltissime case editrici, da quella rinomata a quella che non conosce nessuno.

Fu così che nel 2002, per la prima volta, andai a Torino al Salone del Libro, nonostante la distanza che separa la mia città dal capoluogo piemontese, e fu in quell'occasione che scoprii l'esistenza di tante piccole case editrici.

E fu così che, curiosando fra i vari stand, mi imbattei per la prima volta in quella casa editrice dal nome un po' strano - Ellin Selae - e scoprii anche che quella casa editrice, oltre al nome, pubblicava anche dei libri "strani".

Dopo una lunga consultazione di questi volumi, decisi di acquistarne due ("Cose che capitano e piccoli misteri" e "Sette salti"), che lessi praticamente nel viaggio di ritorno verso casa, sul treno.

Fui estasiato dalla lettura di quei due libri, al punto che dopo qualche giorno presi il telefono e mi abbonai alla rivista (una copia la ricevetti in omaggio al momento dell'acquisto dei due libri soprac­citati) e, pian piano, cominciai ad ordinare molti titoli fra quelli pubblicati da Ellin Selae.

La cosa che mi conforta maggiormente, quando leggo certi libri, è il fatto di non sentirmi solo. Pur­troppo, nella sfera delle mie conoscenze, non ci sono dei "malati della lettura", e di rado mi capita di conversare o dibattere su argomenti che a me piacciono in modo particolare. La sfera delle mie conoscenze preferisce parlare di calcio, motori, donne, soldi, vacanze (gli uomini), e abbigliamento, moda, figli, televisione e ancora vacanze (le donne); argomenti sui quali anch'io posso dir la mia, soprattutto grazie alle molteplici letture che nel corso della mia vita hanno riguardato anche queste cose.

Quando però cerco di intavolare una discussione sui libri, noto intorno a me un'aria di indifferenza e, in alcuni casi, di sarcasmo.

Ma Ellin Selae mi ha dato l'opportunità di "vendicarmi".

Estate 2004: ricevo dalla casa editrice il rinnovo dell'abbonamento alla rivista, contenente in alle­gato un foglio che invita a combattere i nemici della felicità (televisione, consumismo, massifica­zione culturale, individualismo, superficialità, perdita del legame con la natura).

Quegli slogan mi piacciono, così decido di fare alcune fotocopie e di attaccarle in vari posti del luogo in cui lavoro. Ero proprio curioso di vedere quale effetto avrebbe fatto sui miei colleghi il leggere una cosa che non si aspettavano, tanto più che quando tutti gli anni mi prendo le ferie per presenziare alla fiera del libro di Torino sono sistematicamente oggetto di commenti cretini e deri­sioni da parte loro. Anche se questa è l'ultima cosa della quale mi preoccupo.

Sotto le fotocopie, a penna, scrivo che se qualcuno avesse bisogno di ulteriori informazioni, non deve fare altro che chiedere a me.

I miei colleghi di lavoro sono una sessantina circa. Ebbene, solo uno di questi sessanta mi ha chie­sto qualcosa di più su Ellin Selae: "Ma è una roba di chiesa?". La sua domanda mi ha un po' sor­preso, ma ero comunque felice di aver trovato una persona interessata a quel foglio fotocopiato.

Così inizio a spiegargli di che cosa si tratta, ma dopo due minuti circa il mio collega se ne va con aria disinteressata e, da allora, non mi chiederà più niente al proposito. Da parte di tutti gli altri, si­lenzio assoluto, nemmeno una derisione (mi sarei potuto aspettare anche quella).

Allora, dopo un mese circa, decido di attaccare un post-it molto bene evidenziato di fianco agli slo­gan di Ellin Selae: GRAZIE PER LE NUMEROSE RICHIESTE DI INFORMAZIONI. ERANO TALMENTE TANTE CHE HO DOVUTO METTERE I NUMERI COME AL SUPERMER­CATO, PER RISPONDERE A TUTTI.

Avrei voluto aggiungere anche qualcosa di più ironico, ma non volevo urtare la suscettibilità di nes­suno, così ho deciso di lasciar perdere.

Dopo pochi giorni mi reco a fare la spesa al supermercato. Sto uscendo con il carrello quando vengo avvicinato da una bella ragazza, addetta alla promozione e vendita di libri per una casa editrice di quelle che operano per corrispondenza e che, se non ho capito male, deve essere una "figlioccia" di una di quelle case che vanno per la maggiore e monopolizzano il mercato. Questa bella ragazza mi chiede qualche minuto del mio tempo da dedicarle per rispondere a qualche domanda. Io, a dire il vero, non avevo molta voglia di fermarmi, anche perché sapevo che le domande che mi avrebbe po­sto sarebbero stati i soliti quesiti banali e noiosi - tipo: quanti libri leggi in un anno, quale genere preferisci, ecc. - ma non volevo nemmeno apparire scontroso e maleducato, così decido di assecon­dare le sue richieste.

Dopo aver risposto con pazienza, e dopo che la ragazza prendeva nota di tutte le mie risposte, ri­cevo la proposta di diventare socio della loro casa editrice, e la ragazza stessa cerca di convincermi con un bel discorso riguardante il fatto che i loro libri si possono ricevere con tutta comodità a casa, che tutti i mesi mi sarebbe arrivato il catalogo con tutte le novità e gli sconti  (alcuni dei quali - devo ammettere - davvero interessanti), e che comunque anche nella mia città, da circa un anno, hanno aperto una loro libreria riservata esclusivamente ai soci di questa casa editrice, così avrei potuto eventualmente anche consultare un libro prima di decidere se acquistarlo o meno.

A questo punto, con mia grande sorpresa, vedo che la ragazza tira fuori una specie di modulo ed inizia a chiedermi i miei dati. Io, fino a quel momento, mi ero limitato a rispondere alle sue do­mande senza aggiungere altro, e probabilmente questo mio atteggiamento semi-passivo deve aver fatto credere alla ragazza che ormai ero cotto a puntino e pronto per diventare loro socio. Niente di più sbagliato. Infatti, dopo avermi chiesto nome e cognome, io le dico: "No no, aspetta un mo­mento, non ti ho detto che mi interessa diventare socio, fammi prima almeno dare un'occhiata ai li­bri". Resto cinque minuti a consultare (ma forse è più giusto dire: fingere di consultare) i libri e i cataloghi, dopodiché le dico: "No, guarda, non mi interessano questi libri". Ma lei non desiste e continua a battere il tasto dei prezzi molto vantaggiosi per i soci, e io che cerco di smontare questa sua teoria ribattendo che, riguardo a certe cose, non faccio una questione di prezzo ma di qualità, e che i loro libri mi sembrano qualitativamente scarsi. Allora lei, un po' stizzita, ribatte: "Come fai a dire che non ti piacciono se non li hai neanche letti? Ci sarà pure qualcosa che ti piace fra tutti que­sti libri!" E, dopo aver sentito questa affermazione, mi sono venute in mente alcune cose che avevo letto sulla rivista Ellin Selae e su qualche libro riguardanti il mondo editoriale, sulla differenza fra il grande e il piccolo editore. Allora, con molta presunzione, dico alla ragazza: "Ti devo spiegare al­cune cose". Ed inizio a parlarle proprio di questo argomento, citando nomi di case editrici che la ra­gazza naturalmente non conosceva (Ellin Selae, per esempio, gliel'ho dovuto ripetere tre volte), e vedo che a quel punto lei non riesce più a dire quasi niente. Credo che se avessi insistito, avrei ven­duto io dei libri a lei, non il contrario. Però avevo già perso anche troppo tempo, per cui decido di lasciar perdere e saluto la ragazza la quale, un po' mortificata, mi saluta a sua volta ma vuole avere l'ultima parola: "Evidentemente non ti interessa risparmiare". Io allargo le braccia, perché questo è un altro argomento che mi darebbe enormi motivi sui quali dibattere e ribattere alla ragazza, ma non mi andava di perdere altro tempo.

Mentre me ne sto andando incrocio un amico che mi aveva visto con la ragazza e mi chiede: "Ma cosa avevi da gesticolare in quel modo con quella tipa?". Libri, gli ho risposto. Ah, mi ha detto lui, e ha cambiato argomento parlandomi della noiosa serata precedente, quando non sapeva cosa fare perché "non c'era niente di interessante in televisione".

 

 

 

 

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